In Esiste la ricerca11 Febbraio 20255 Minuti

Quattro testi di June Scialpi

By MTM

June Scialpi

 

da:

Retriever (Possibile inquadramento teorico di un)
– Tic Edizioni, coll. UltraChapBook, 2025

 

 

 

Finalmente svegli e anche un poco vivi si danno da fare nelle loro forme ottuse, canidi trascinati da donne come pesi sulle spalle, come slittini impossibili, trascinati in salita con i piedi che affondano nella neve. Chi li ha visti arrivare ha detto eccoli, ma nessuno li ha visti. I loro sguardi come la stagione della monta, salive arrapate, seguono i passi, occhi fuori dalla bocca (storie da raccontare) e anche sotto la gonna. In cima una sala d’aspetto che è piena di maschi di mezz’età lì depositati: esseri stanchi dalle rade barbe grigie, uomini tristi ascoltano Bowie, il negativo della storia.

 

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Piangi all’inizio di ogni storia perché desidereresti fare le cose anche tu. Alcuni libri sono il resoconto di esperienze vissute ma non lo dicono, e chi li scrive maschera che ci siano delle ricorrenze tra la vita e il mondo del testo, che ci siano ricorrenze tra le parole e le parti dei corpi, tra cose che si sono dette e cose che vengono riportate. Alcuni nomi sono esattamente i loro nomi. Interrogarsi su questo tipo di vergogna serve solo a delegittimare la pratica: alcune persone credono che nascondersi sia il modo esatto per veicolare una storia della quale vogliono raccontare solo alcune cose. Tu leggi quei libri e rimpiangi le esperienze delle altre persone come se fossero tue, e scrivi dei libri di esperienze che a te non sono successe. Quando ti sorprendi a fissare il vuoto dopo aver divagato a lungo su episodi che non ci sono stati, ti chiedi cosa ti porta a voler vedere quelle immagini. Distogli lo sguardo dal bisogno che hai e che non puoi controllare e riporti la realtà nel mondo vero, prima di portare la finzione nel mondo del testo. Un r. è solo un r., la sua voce pure. Non ti accorgi che le cose cambiano. Una palla è solo una palla finché non diventa un desiderio, il desiderio della palla.

 

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Quando si addormentano lui abbraccia l’altra e non si meraviglia dell’intimità di quel contatto. Lei è sorpresa dalla saldatura della morsa, la tensione del braccio intorno. Se quella notte avesse sognato di sputare tutti i suoi denti, o di affogare, agitando il corpo come se il corpo stesse nuotando, si sarebbe scoperta nella veglia sostenuta da quel vincolo. L’espressione «sono nelle tue mani» infatti significa riporre fiducia. E ancora nelle mani di. Nelle mani di qualcuno. Con forza nelle mani. Cadere nelle mani di o al sicuro nelle mani di. Nel mondo del testo le mani potrebbero avere un’importanza di rilievo e invece gli umani attuano strategie di oscuramento, si adattano proteggendosi dagli interrogativi. Temono che qualcosa termini. Fanno di tutto affinché le cose non. Per fare sì che le cose non.

 

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Ricorrenza obliqua della parola nel testo. Ricorrenza perpendicolare della figura nel testo rispetto alla ricorrenza obliqua della parola. Ricorrenza che non può bastare affinché il testo si illustri nel suo stesso compimento. Marcatore di ricorrenze per finalità di significato. Soddisfazione scarsa. Cosa viene dopo viene prima. Visita nel museo dell’autocoscienza. La stanza è aperta, insonorizzata. Il r. è sulla spiaggia, il r. è al porto, il r. sta viaggiando, scattando foto. Non usa parlare quand’è così, non promuove gesti, non concretizza la propria presenza tramite movimenti. Potrebbe essere forte, stringere con le mani degli oggetti, potrebbe portare qualsiasi cosa ovunque. Nella curva di apprendimento si forma una parabola. Il r. rimane immobile, così fa se le cose intorno spariscono, danno un commiato sommario. Cosa fa se le perde. Così fa. Ricorrenza obliqua della presenza nel testo. Ricorrenza della sua assenza perpendicolare nel testo rispetto alle ricorrenze della sua figura. Perdita di quota, marcatore di assenza. Un viale alberato, gelaterie ai lati. Nuvole niente, cielo nel testo aperto. Un piazzale dopo, soddisfazione copiosa. Il r. è contento.