Un testo di Fabrizio Venerandi
Fabrizio Venerandi
da Blocchi
Io ho una specie di lingua dentro alla testa, non so se c’è sempre stata, ma in questo ultimo periodo è diventata sempre più grossa e umida. Questa lingua parla, continuamente, parla, mi dice le cose che sto pensando e poi inizia a dettarmi le cose che devo scrivere mentre me le detta capisco che quella lingua non sono io.
Quella lingua mi detta le cose che sto pensando e io, che sono una cosa diversa, prendo e trascrivo. È come un muscolo aggiuntivo dentro alla testa con cui convivo e che anche adesso mi sta dicendo cosa scrivere, non ha pudore di parlare di sé.
Non sempre mi detta, a volte parla e basta. Inizia a interpretare le cose che devo dire, si immagina scene di cose che devono succedere e – senza che io me ne renda conto – fa queste rappresentazioni teatrali di miei possibili futuri, popola stanze di personaggi, anche loro parlano con la sua lingua, e io inizio a parlare con la sua lingua.
Le scene si moltiplicano, si ripetono, si aggiustano, vengono perfezionate, crollano sotto il peso della lingua che di queste cose si nutre, più crea materiali con la sua voce, più divora l’attenzione del mio cervello, più ingrassa e crea ancora nuove voci, nuovi discorsi, nuove messinscene.
Io non ho controllo su questa lingua, non so se sia sempre stato così, ma ora mi rendo conto che non posso farla smettere. È sufficiente che io mi distragga per un attimo, che smetta di sorvegliarla, e quella lingua riprende a parlare, a fare uscire – dentro di me – le sue voci. Quando me ne rendo conto ormai è troppo tardi, ho la testa piena di gente che parla, futuri possibili o, più raramente, riscritture grottesche del passato.
Qualche giorno fa ero in moto e mi sono reso conto che stavo guidando ma dentro la mia testa la lingua era frenetica, stava producendo un rumore infernale di possibili parole, di sintassi e allora ho urlato, “volete stare zitte maledette voci!”. Mi sono spaventato, per un attimo la lingua non si è mossa.
È stata un po’ un’epifania, un’agnizione: avevo una lingua nella testa e non ero io. La lingua era rimasta scossa, era dispiaciuta. La lingua, lo so, fa così perché pensa di aiutarmi. Pensa che muoversi nella mia testa, costruire i miei possibili futuri con le mie parole, sia un modo per dominare l’incertezza.
Per darmi sicurezza la mia lingua sta raccontandomi quello che mi deve ancora succedere, in modo che io sia pronto e possa allenarmi, ma la mia lingua sa anche che tutte quelle parole sono solo un racconto, non sono quello che dirò veramente: i sosia delle persone reali che popolano la mia testa e che la lingua fa parlare non sono addomesticabili.
Per questo la lingua torna indietro, immagina percorsi diversi, possibili variazioni e le racconta di nuovo, incessantemente.
Ingrassa giorno dopo giorno, non smette mai di parlare, detta a me che sono una forma sempre più incorporea e muta, sono lì a cercare di vedere cosa mi circonda in quel momento, ad evitare i fantasmi dello storytelling morboso che quell’organo geniale e logorroico continua a secernere come una glassa ammorbante ed incandescente.
La sua voce è ininterrotta e ha una sua coerenza, le sue biforcazioni e le sue allucinazioni seguono una logica malata. Quando mi detta io scrivo e cerco di fare emergere la seconda voce, quello che sono io. La parte del mio corpo che non è più la lingua che tengo nella testa. Seziono quello che la lingua dice. Come se lo mettessi su un tavolo. Alzo il braccio e lo abbasso con forza, stacco.
I pezzi di narrazione si contorcono, sono come feriti, ma affascinati da questa nuova loro forma. Prendo pezzi diversi, li accosto. Tiro fuori cose che non sento. Che non sono successe e che non succederanno. Respiro. Avvicino a questo biascicare della lingua cose che la lingua non ha detto. Infilo dentro cose che hanno una loro vita autonoma. Sono brandelli di letteratura. La luna è un grave che non vedo, ora, sopra la massa delle nuvole.
Mi allontano da me e da quella lingua che vorrebbe continuare a inventare. Non mi chiedo chi sono io, non ci sono mai arrivato. So che lei non sono io. So che posso produrre cose che non sono lei. Chi ti sta raccontando questa frase che hai sotto agli occhi. Il narratore. Il suo muscolo nascosto nella testa che si scalda, si bagna tutto. Che cosa ti sto raccontando.
Tante lingue fanno rumore, nella testa delle persone. Cosa fa lo sciame, ronza. Viene ronzato. Lo sciame si muove, le loro lingue, dentro, si muovono interrottamente. Raccontano il loro ronzare, il loro muoversi, le lingue raccontano la consistenza dei loro muscoli, da dove vengono, chi sono state prima.
Il grande racconto familiare allaccia la generazione precedente a questa, i padri ai figli, le madri ai figli, le femmine tra di loro come una ragnatela che arriva poi fino a noi. Sparizione dell’autore all’interno del racconto, riapparire dell’autore, ecco ora sparisce di nuovo. Millenni di letteratura e lo scrittore non ha trovato niente di meglio che giocare a nascondino.
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Un intervento di Alessandro Broggi
Alessandro Broggi
Un intervento per “Esiste la ricerca?”, Studio Campo Boario, Roma, 16 giu. 2022
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certo, si potrebbero aprire qui vari discorsi, per esempio sul grado di autolegittimazione di un autore all’interno delle pratiche linguistiche e comunicative, autolegittimazione che (per quanto la sua posizione possa risultare studiatamente “pacificata”, per così dire “non più” di “soggetto”, o tale solo a un meta-livello, come per es. all’interno di alcuni giochi linguistici delle c.d. scritture di ricerca) è costitutiva al fatto stesso di emettere un testo. e, anche, discorsi sulla consapevolezza che la stessa scrittura, in quanto ipostatizzazione di forme, sempre e comunque produce ego.
d’altro canto, a mio modo di pensare, occorrerebbe forse vedere se non sia il caso di non relegare più la questione soltanto al recinto del testo, al discorso sulla soggettività-interna-al-e-presente-o-meno-nel-testo, o all’ideazione di strategie e dispositivi verbali non manipolativi, che propongano alternative credibili alla produzione di ego (anche e soprattutto nel lettore) o persino che siano deproduttivi di soggettività, ma piuttosto di ripensarla (la questione) un passo più indietro, preliminarmente e al di fuori del testo: a monte, dove il testo si pensa e si genera, in termini più radicali (o se vogliamo “orientali”), a partire dalla nostra stessa posizione e postura di soggetti-ego agenti (→ verso un’ecologia dei processi verbali e delle idee, un’ecologica ontologica, un’ecologica agentiva, ecc.) nelle nostre vite individuali e sociali.
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Black Friday MTM
Quest’anno per il black friday
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Un inedito di Luciano Neri
Luciano Neri
La sua vita dispendiosa di quello che è mancato
La sua vita dispendiosa fin da bambino non è solo restituire dei beni confiscati allo stato, in orizzontale non solo la morte che viene del giovane tedesco è distinta dopo che consegna il paese dei fascisti allo sbarco degli anglo-americani, a margine contrassegnato tutto solo, non è l’unico indagato in un angolo non è solo quello che è mancato, non è solo nel traffico che non si è risparmiato a livello internazionale di armi, a livello mediorientale non c’è solo l’iscrizione con la tessera numero X a…, a livello di Vallettopoli, solo l’ambito dei fatti è dell’inchiesta che la storia si è messa ancora di mezzo, a livello di accuse non solo l’infondatezza di una lunghissima battaglia è legale, a livello di associazionismo non c’è solo l’azione finalizzata alla corruzione, a livello di sfruttamento della prostituzione in verticale non c’è solo il falso a delinquere nell’ambito di un’indagine legata al casinò, dopo una lunga vicenda giudiziaria, dopo una lunga assoluzione che viene è un’intervista in esclusiva rilasciata a un settimanale scandalistico, dopo l’ottenimento di un grosso risarcimento è la partecipazione del nipote, a margine dell’omonimo di quello, in verticale alla Notte delle stelle, non è solo l’azione finalizzata all’associazionismo di Vallettopoli, dopo una lunga conversazione privata è con gli avi, dopo i beni confiscati dallo stato, dopo la consegna del fascismo non c’è solo il paese dopo il referendum, dopo i giorni trascorsi in una cella è da innocente dopo l’indagine processuale del lunghissimo dibattimento, dopo la famiglia ritratta del giovane tedesco è durante il processo, la figura controversa è in basso nel dipinto con gli avi, tutto solo non è ancora quello che è mancato, in orizzontale il ritorno c’è a quel paese di mezzo che viene, dopo il ritorno è dell’omonimo quello del dipinto che lo ritrae alla reggia di Venaria, dopo il ritorno a quel bambino innocente, a margine dopo il ritorno giudiziario della estenuante battaglia legale, dopo a quel suo proscioglimento di quella associazione finalizzata che è morto, in orizzontale di quella cordata che adesso lo circonda al centro c’è in mezzo alla salma, degli avi presenti e dei progenitori è quello che è mancato dopo alle esequie.

Non ballo da sola al Teatro Litta
In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, CUBO e il Gruppo Unipol presentano Non ballo da sola, la rassegna volta a sensibilizzare il pubblico sul tema della violenza di genere.
La rassegna, giunta alla sesta edizione, propone due eventi al Teatro Litta.
sabato 23 novembre ore 21
Maschi del futuro
Monologo di e con Francesca Cavallo
L’attrice indaga sul modo in cui il patriarcato danneggia le donne, sull’impatto negativo che ha sull’occupazione femminile, sulla violenza domestica, sui diritti. Ma quali sono gli effetti del patriarcato sugli uomini? Con un’analisi serrata e commovente che tiene insieme il padre di Biancaneve, 007, Batman e don Giovanni, Francesca Cavallo traccia un terreno di incontro possibile tra le istanze femministe e la rivoluzione di cui gli uomini hanno bisogno.
Ingresso libero con prenotazione
domenica 24 novembre ore 18
Il popolo delle donne
Proiezione e dibattito con Yuri Ancarani e Marina Valcarenghi
Il film evidenzia per la prima volta il rapporto tra la crescente affermazione sociale delle donne e l’aumento della violenza maschile, fenomeni che nel corso della proiezione vengono descritti come direttamente proporzionali e che nel successivo dibattito saranno approfonditi attraverso il racconto del regista e della protagonista.
Ingresso libero con prenotazione

Il sogno di un drago
Una performance a cura di Antonio Syxty in Triennale
10 novembre 2024 ore 18
Ingresso gratuito su registrazione: https://triennale.org/eventi/sogno-drago-antonio-syxty
Durata 40′
In occasione dell’ultimo giorno di apertura della mostra Alessandro Mendini. Io sono un drago, la Triennale presenta – insieme a Fondation Cartier pour l’art contemporain – una performance di Antonio Syxty.
Il progetto nasce da tre spettacoli del 2018 che l’artista aveva realizzato con Alessandro Mendini: Architettura Addio – To You 1, To You 2 e To You 3, in cui erano messi in scena il pensiero, l’utopia e la filosofia di vita e di lavoro dell’architetto, designer, artista e teorico che ha segnato le rivoluzioni del pensiero e del costume del Novecento e del nuovo millennio.
La performance affronta i temi dell’infanzia e dello scorrere del tempo, che vengono rielaborati da Syxty in una dimensione onirica da cui emerge un altro tema caro a entrambi gli autori: l’utopia, che per Sixty risiede nella possibilità di continuare il sogno anche nella vita reale.
produzione Triennale Milano e Fondation Cartier pour l’art contemporain
con Manifatture Teatrali Milanesi e MTM – Accademia Litta
ideazione Antonio Syxty
movimento e cura dei performer Lara Vai con la collaborazione di Micol Balaban, Erika Bianchessi, Marco Antonio Rigamonti
Apparizioni:
Il custode del sogno: Valentino Canclini
I bambini: Tancredi Aliberti, Aurora Amendola, Ada Cornicchia, Alice Facchini, Allegra Fassati, Marina De Luca, Delfina Ferri, Dafne Gelsi, Marika Ivanitska, Martina Licini, Bianca Papini, Maria Rota, Andrea Tartaull, Alice Testi, Vittoria Todeschini, Padma Tomassoli, Nicholas Torreblanca, Stefano Valdman
Traccia sonora: Le voci dei bambini sono di Aurora Amendola, Sofia Barri, Sofia Bocchiola, Mafalda Borgonovo, Lucrezia Casati, Marta Di Giovanni, Dafne Gelsi, Lisa Lazza, Celeste Muselli, Maria Pierini Garcia, Sarah Saletta, Alice Testi, Vittoria Todeschini, Giorgio Valdman, Stefano Valdman
organizzazione generale Antonella Ferrari
direzione tecnica Fulvio Melli

Un inedito di Luca Zanini
Luca Zanini
Muro con soffietti.
–autunno
vanno la musica finisce l’infanzia infelice di Pecos Bill come] manca una parola a completare il quibus secco] il disturbo è nella chiusura del furto controllato il bilanciere contratto] un animale* da indovinare dopo] la peste nera assumono tre investigatori privati quattro] cartoni animati il meglio] della tecnologia domestica la sofferenza o diva -tante] sagome [animali*appese decorano un miglio l’indice
sala fucine ] manovra abituale} sabbia refrattaria a perdita a] perimetrare gli avamposti i dattilografi -i [ applicano ronzii antimacchia rivoluzionario una] delle due formule inverte il processo organizza] frequentati depositi nel
blocco dei confinanti la cartina quindi] è un’altra tornasole quartine in solido
*
sul punto sull’] asterisco si sovrappone] [forza vediamo chi è il primo” l’inchiesta produce la rottura degli argini le camionette il sospetto delle cuciture temperatura
ambiente senza neve” l’epigrafe
in corpo -otto presto non avremo più nulla da” descrivere nemmeno angoli ottusi fonemi didascalici attori da teatro] delle merci sfuse start up] pop
up tip tap dalle] alle il nemico il negozio è chiuso solo espedienti
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opere balletti concerti per famiglie autunno surprise mescalina dentro] tubi ottici narcoflame per le finte fiammelle per i nemici le persone che volano cimici] [
panoramica plasmata da curvilinee bronzi sassoni usa e getta dentro] c’è l’ufficio dei controlli incrociati i guardafoce l’avamposto minerale Monk in epoche recenti la targa in] ottone capital
un cargo un altro cosmonauta a piedi scalzi il] mondo è grigio il mondo è blu oftalmico guado smaltino in] riserva la casa di classe a sottratta] fondale Grimm terraGrun blu] motion
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il benzolo non del tutto appariscente il] parere degli avvocati il] quotidiano non esce ha modificato il linguaggio non trova] eccede
possono portare altro lo] caricano come] gli sfiati premurosi alcalini come cose senza cartiglio prezzo la
postura le spese condomiali dei] tramonti si fanno in tele lanciano calotipi verosimile la neve di polistirolo nello zoo portrait “of a young girl in glass accetta tutto] [e continua kalòs kaòs
agathòs marmette trompe nel dispensario delle rimanenze si fanno pacchi con volumi variabili vetri fragilissimi] sono attesi il
pasto cartone alimentare seguire le] opzioni il neurolettico con i suoni il] prete porta refrain francesi sugo sugna cade] nella pozza a campana
*
tracce di binocoli tre-due] uno contatto > autunno rivoluzioni costi vivi rientrano] [nel concetto della marginalità per il calcolo lo scambio nella memoria la piazza] è più grande del solito
