Esiste la ricerca vi dà appuntamento a Napoli, Galleria Toledo, 6-7 settembre 2024

In Esiste la ricerca30 Luglio 20243 Minuti

Mese: Luglio 2024

By MTM

A Napoli, venerdì 6 e sabato 7 settembre 2024, dalle 10 alle 18,
alla Galleria Toledo Teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34

ESISTE LA RICERCA

direzioni distribuzioni fantasmi

 

Esiste la ricerca nasce a Roma nel giugno 2022 presso lo Studio Campo Boario, dell’artista Alberto D’Amico, e si articola come sequenza di incontri che chiama a raccolta molte voci delle scritture sperimentali sorte negli ultimi vent’anni, insieme a critici, studiosi, editori, artisti, musicisti e altri sodali. Dopo un altrettanto affollato e proficuo secondo evento a marzo 2023 presso lo spazio milanese La Cavallerizza, nel Teatro Litta, diretto da Antonio Syxty, e un’ulteriore tripla data a settembre 2023 nel foyer dello stesso teatro, quest’anno l’occasione di confronto viene offerta a Napoli dalla Galleria Toledo, di Laura Angiulli.

In sé l’iniziativa nasceva (e ancora prende spunto) dal desiderio di offrire uno spazio pubblico alla discussione sulle intenzioni, i valori, le relazioni e i contesti operativi delle nuove generazioni della scrittura e della critica di ricerca.

Anche a Napoli, come nelle precedenti occasioni, l’incontro consisterà in un libero estemporaneo scambio di idee e costruzione di ipotesi, senza microfoni, senza registratori o videocamere, e senza gerarchie, a partire da alcuni quesiti fondamentali: un dialogo aperto e orizzontale in cui potranno prendere la parola sia le persone invitate sia il pubblico.

I quesiti – o meglio le questioni di fondo – i temi – che a settembre si metteranno in gioco saranno principalmente due:

> le direzioni e prassi, le “poetiche”, della ricerca letteraria (insieme alle “difficoltà” delle poetiche in generale, nel contesto contemporaneo dato); e

> la distribuzione dei materiali testuali e artistici e l’editoria indipendente; con uno sguardo all’ipotesi dell’autoproduzione (che è una pratica con una storia anche politica importante, in qualche modo rinnovata soprattutto nell’ultimo quarto di secolo dall’esistenza stessa di internet). Questo secondo tema sarà arricchito dalla presenza di editori e collane che esporranno le opere da loro pubblicate.

 

L’iniziativa si avvarrà poi, a dialoghi conclusi, nei giorni e mesi successivi, di riflessioni audio (daccapo non pre-organizzate, non pre-scritte) su quanto detto e udito a Napoli, ospitate via via dal blog Esiste la ricerca (mtmteatro.it/progetti/esiste-la-ricerca/), nato a fine 2023 grazie al sito di Manifatture Teatrali Milanesi / Teatro Litta.


Galleria Toledo
Teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34

METRO LINEA 1 – Fermata Toledo / uscita Montecalvario
CONVENZIONATA CON SUPERGARAGE
Via Shelley, 11 – 80100 Napoli

si ringrazia Laura Angiulli per l’ospitalità e la collaborazione


Pasquale Polidori, Appunti per il simposio "La linea d'ombra"

In Esiste la ricerca22 Luglio 202414 Minuti

Mese: Luglio 2024

By MTM

Pasquale Polidori

Appunti per il simposio “La linea d’ombra”

 

(Questi appunti sono inediti e hanno la natura dei bozzetti. Sono estratti dal
percorso di preparazione di La linea d’ombra, un simposio in quattro
appuntamenti che si è svolto al museo Macro Asilo nel 2019 a Roma, e
riordinati per il blog di Esiste la ricerca.)

 

[appunto teorico #1: innaturalità della pittura nello spazio conclusivo]

è naturale la vita senza la morte, no, e dunque è naturale la pittura senza una fine, no, è naturale la pittura senza pensare alla fine, no, è naturale la pittura pensando la fine già avvenuta, no, è naturale la pittura pensando la fine non già avvenuta, no, è naturale la pittura pensando di smettere di pensare alla fine, no, è naturale la pittura analizzando il momento in cui si sta pensando alla fine, no, è naturale la pittura facendo altro invece che analizzare il momento in cui si sta pensando alla fine, no, è naturale la pittura credendo di poter fare finta di continuare a fare altro invece che analizzare il momento in cui si sta pensando alla fine, no, è naturale la pittura facendo finta di non pensare alla fine, no, è naturale la pittura facendo finta di pensare alla fine, no, è naturale la pittura ripetendo la fine, no, è naturale la pittura dando inizio alla fine, no, è naturale la pittura aggirando l’ostacolo costituito dall’evidenza dell’inizio della fine, no, è naturale la pittura rovesciando il concetto di fine in funzione di uno spazio esclusivamente e infinitamente generativo, no, è naturale la pittura credendo di sopprimere alla radice l’emergere predestinato di uno spazio conclusivo, no, è naturale la pittura nel patimento della circostanza della inevitabilità di uno spazio conclusivo, no, è naturale la pittura nella conseguenza del dilagare della materia nello spazio conclusivo a spese delle forme, no, è naturale la pittura nella ricerca ostinata e velenosa di assurde spiegazioni al crescente dilagare della materia che fa ormai da destino a ogni pensiero e comportamento, no, è naturale la pittura non potendosi più dare forma ma dovendo comunque organizzare la risposta all’appello disperato della malattia dei linguaggi, no, è naturale la pittura essendo costretti a restare nello spazio conclusivo del dilagare predestinato e inarrestabile della materia a non poter non ascoltare la voce pietosa ridotta a un filo inconcepibile dei linguaggi malati, no, è naturale la pittura nell’infinita non morte dei linguaggi malati e per ordine estetico confinati nelle zone più estreme della realità, no, è naturale la pittura nella metafora della malattia dei linguaggi in generale i quali da una parte smateriandosi o dall’altra immateriandosi non fanno in ogni caso che ripetere lo schema doloroso della fine delle forme nello spazio necessariamente e inevitabilmente conclusivo, no, è naturale la pittura in una realità che ha perso ogni contrario nello spazio in cui dilaga la materia senza nessuna speranza di una forma per via della malattia dei linguaggi, no, è naturale la pittura in una realità impazzente di sé per dilagamento della materia posseduta di sé, no, è naturale la pittura che per estrema miseria e desertificazione dell’espressione dovuta alla malattia dei linguaggi sta nello spazio obbligatoriamente conclusivo circondata dalla materia dilagante che non lascia sperare nell’arrivo di una definizione e né nell’abbandono di una definizione come una vergine delle rocce che ovunque le pesano le rocce, le rocce concettuali, le rocce materiali, no

 

_

 

[appunto teorico #2: organizzarsi in direzione della fattibilità dell’azione]

… numero due, sopra-esistenza del pensiero ordinativo, numero due (a), distanza semantica nell’ambiente, numero due (b), otticità dei volumi, numero due (c), allineamento fenomenico, due (c) primo, temporalità indotta o finzione narrativa, due (c) secondo, tentativo punto abbandono punto tentativo, due (c) terzo, crisi del passo e disvenienza del doppio tempo, numero due (d), creare raggruppamenti sulla base di nuovi criteri, numero tre, con tutto il misurare che ci impegna, numero tre (a), espandere fino al limite, numero tre (b), mancare, numero tre (c) spazio spaziato e durante durato, numero quattro, poter contare sul fare, numero quattro (a), fare assoluto senza orizzonte, numero quattro (b), fare in direzione di un eventuale paesaggio, numero quattro (c), fare e agire, quattro (c) primo, fare in sospensione dell’atto, quattro (c) secondo, fare sprofondando nell’atto, quattro (c) terzo, fare lateralmente all’atto, numero cinque, illusione del come se, numero cinque (a), come se esser-molto, numero cinque (b), come se esser-essere, numero cinque (c), come se esser-poco, numero sei, partecipare senza definizione, numero sette, indicare una possibile sistemazione di sé in quanto ready-made, numero otto, discutibilità delle misure, numero otto (a), misura come giudizio dell’operare, numero otto (b), misura come al di qua dell’opera e chimera del finito, numero otto (c), misura come appuntamento posizione statura, numero nove, riaprire l’oggetto alla sua generazione, numero nove (a), diminuzione ordinata degli elementi, numero nove (b), cose pensiero cose pensiero cose pensiero all’infinito ovvero tentando di dar luogo a un infinito, numero nove (c), assorbimento dei nomi nello spazio, numero dieci, contenuto e mistero, numero dieci (a), magritte, numero dieci (b) …

 

 

[racconto breve #1: la cosalità non è finita]

arriva in galleria con due tele e una decina di disegni, non fa una mostra da cinque anni, l’ultima volta una partecipazione a carattere immateriale, immateriale per via del fatto che nello spazio non è insinuata come localizzabile e riferibile a un sistema la materia disciplinata ordinativa dei valori dell’interpretazione del possibile espressivo, e non c’è altro che un vaso normale con una pianta verde d’appartamento normale senza fiori e una lampada a 300w normale e la sedia normale su cui lui sta seduto a leggere (un libro di antropologia), dove le parentesi poste all’oggetto sono parte del discorso e garanzia della immaterialità delle componenti oggettuali, e pertanto la collocazione dell’atto è tale che il vaso la pianta la lampada il libro e la sedia non sono contati nella materialità ma invece nella cosalità, cosalità che implica una certa prossimità col pavimento, mancanza accordata di sostegni semantici, compresi i chiodi se i chiodi garantiscono il transito del dicibile, e quella è l’ultima volta, in seguito a quella volta decide di abbandonare la cosalità, riprende a dipingere, fa due tele e tre quattrocento disegni dai quali appunto un giorno estrae un esiguo nucleo organico che fa riferimento a un medesimo concetto, e dunque arriva in galleria con le tele e i disegni, la persona gli apre la porta, si salutano, lui domanda, qual è il posto assegnato, la persona risponde, nella stanza di fronte all’ingresso, le due tele accostate all’angolo e poggiate per terra, i disegni nella parte più in alto della parete, e lui domanda, sei sicuro che le due tele non vadano appese mi sembra che a poggiarle per terra ci sia come un tradimento, e la persona sinteticamente risponde, certo che sono sicuro, adesso si fa così, la cosalità non è ancora morta …

 

 

[racconto breve #2: l’esposto non ultimabile]

… il lavoro esposto al museo non può considerarsi ultimato, nel senso che indubbiamente il lavoro rappresenta l’assunzione di un punto di vista, che consiste in una precisa modalità di comportamento, dove il comportamento è da intendersi come una chiave di lettura esistenziale (corporale non si dice) delle radicali questioni estetiche che si pongono, che si pongono evidentemente, che si pongono assolutamente o relativamente, in altri termini la costrizione a interpretare, a interpretare il filosofico (diamo per scontato e generico il filosofico, come minimo il filosofico) attraverso gli atti, quando gli atti sono sostenuti da una progettualità, anche verbale, che in tutti i sensi sostituisce il disegno, e dunque ogni questione può/deve risolversi letteralmente in un certo modo di stare in piedi, quando scegli se, per esempio, tieni i piedi su un foglio millimetrato o su una tela o su un libro, e anche l’oggetto che tieni in mano significa l’indirizzamento del senso, ossia la costrizione dello sguardo, una pena, uno scartare continuo, essendo acquisito il principio che proprio nel visivo l’assunzione di un punto di vista non equivale tanto all’apertura di una prospettiva di un percorso che ti caratterizza, ti individua, ti fa consistere sotto forma di linguaggio in opera all’interno di una comunità (la parola comunità occorre come variabile retorica onorevole di altre parole tutte da vergognarsi, ma lui non la condivide), quanto anzitutto l’assunzione di un punto di vista implica la promessa di una chiusura, cioè l’indicazione (anche non esplicita, anche rinviata a un secondo tempo, anche data per impossibile, ma: data) di una ultimità, e nient’altro che questa è la prospettiva che ti comprende e che comprende i tuoi atti interpretativi, alla luce dei quali la prospettiva consiste nell’assicurazione di una morte per misura, per calcolo, per insieme ponderato di ombre e di profili …

 

 

[poesia contro l’idea #1 (poesia d’amore): addormentare una piccola opera d’arte con il volto rigato di lacrime]

cucciola cucciola cucciola della materia occasionante,
del segreto della materia occasionante, della semplice autocoscienza del segreto della materia occasionante,
della sguardante autocoscienza del segreto della materia occasionante, della protrazione della sguardante autocoscienza del segreto della materia occasionante,
frutto della sbadanza dell’essere, dell’accuratamente studiata sbadanza dell’essere,
posta teneramente al riparo dall’accadenza dell’idea, dalla crudele formanza dell’idea,
l’idea è cattiva, cattiva, cattiva
l’idea che ti disse: mettiti qui, disponiti qui, estenditi qui, inizia in questo punto, in quell’altro finisci, tu esisti da qui a qui, tu fai così e così, eccoti le misure, eccoti la materia
l’idea che ha fatto male all’opera cosale
l’idea che dà il veleno all’opera in generale
l’unica idea buona è l’idea morta

 

 

[poesia contro l’idea #2 (poesia filosofica): scacciare le idee, la metafisica delle idee avvelena l’opera]

cogiacenza a tutti i costi tra questa e quella cosa, paralisi dei limiti,
vestito troppo largo vestito troppo stretto, taglio del corpo dell’opera,
l’idea dell’opera ripara in tal modo l’inconcepibilità dell’opera,
in tal modo ovverosia: attraverso il suo porsi e riproporsi come unica strada plausibile
alla scorporatura dell’opera, scasamento, abbandono del pensiero da parte dell’opera

immagine: sul pavimento, al centro della stanza, l’opera sta senza corpo, e tutti per questo la credono misera, e tutti per questo la compiangono e invocano l’arrivo delle idee, tutti sono convinti che le idee salveranno l’opera dalla sua scorporatura, dalla crudezza del suo essere stante senza corpo al centro della stanza, sul pavimento

arrivano le idee, ordinatamente le idee, abituate filosoficamente a fare la fila, prima questa, poi quella, poi quell’altra, ma poi alla vista dell’opera ogni idea vuole la sua parte

idee non spingete, idee fate la fila pazientemente, per favore idee rispettate la fila, andiamo, non sporgetevi oltre il limite oggettuale, lasciate agire la materia, su, idee non accanitevi, lasciate in pace la realtà materiale, ma che vi ha fatto di male, idee, su, abbandonate l’opera alla sua felice inconcepibilità, idee, mollate l’osso dell’opera una volta per tutte, stramaledette guardiane metafisiche


Testi di Lorenzo Basile Baldassarre

In Esiste la ricerca16 Luglio 20242 Minuti

Mese: Luglio 2024

By MTM

Lorenzo Basile Baldassarre

Testi inediti

da
Transizione continua

 

Tat

sogna
voglio dire
che dorme ancora
vuole dire
movimento
vuole dire
densità
c’è movimento
è stordito
divisibile
solo
voglio dire
che ha tutto
può tutto
voglio dire
questo
è solo
voglio dire
parla
si dice
meno
precipita
è assorto
incorporeo
voglio dire
anche questo
è il senso
voglio dire
è diverso
è altrove
è presente
ci siamo
dentro
voglio dire
agiamo
voglio dire questo
e ho detto

§

la durata e la collocazione degli elementi
sono la realtà della superficie
il fatto che si protrae nel tempo
e cresce con l’esplorazione
tutto sta nel sapere quando
e dove si cammina
nel connettere tra loro i territori
e andare altrove
raccogliere i dati quando si ricerca
conoscere interamente la regione
i fenomeni e le linee
sono ora a breve distanza
corrispondono
ecco sono uniti
si somigliano ancora

§

dietro il punto di rottura
l’onda sta cambiando
piegherà la cresta in avanti
rompendosi
facendo molta schiuma
e sollevando la sabbia
passa lontano dalla costa
sotto la pressione del vento che ruota
soltanto adesso che avanza
invece di restare e opporsi
il corpo è capace di muoversi
di rimanere a galla
immaginando di affondare
quando il mare si solleva
la velocità del corpo aumenta
improvvisamente
perché l’essere varia
raggiungendo la spiaggia
il corpo scivola
mentre l’onda s’infrange
e ritorna

§

mentre concepivo la poesia
ho incominciato a esprimermi
con molta attenzione e fatica
ho impiegato un certo tempo
a cercare l’ispirazione
ho composto frasi strane
forse la mia esperienza è immensa
e ho creato la poesia più adatta
senza approfondire
ho tirato fuori parole vaghe
una quantità di pensieri e di frasi
gode delle mie mani
ho allungato la poesia
perché ho capito l’oggetto
sono attirato dalla poesia


Testi di Mario Corticelli

In Esiste la ricerca8 Luglio 20244 Minuti

Mese: Luglio 2024

By MTM

Mario Corticelli

Testi inediti

da
libro della natura e del continuo

 

libro

il rosso cocomero
che bello che è il linguaggio
pensate se fosse
il cremisi cocomero com’è bello è bellissimo il linguaggio
pensate se fosse
il mirabile linguaggio perlucente
rosso
cremisi
con lancio del cocomero dal balcone
con una qualche distruzione dell’autore
la perlunga strada

 

quando tutto sta crollando, ciò che resta in piedi rinuncia e non esiste
nel vicendevole massacro del cremisi sul rosso perlucente
con lancio del cocomero dal balcone
rorido
con parziale distruzione del vicendevole
con parziale distruzione del cocomero
nel cremisi lucente

 

che vaga solcando la foresta
nell’attuare le sue visioni di bonifica
usando la terra che era sua
col lancio di cocomeri dagli alti
rami perlucenti del bel rorido
cremisi e dai balconi
con parziale distruzione della selva
e ripetendo
rilucente il cremisi rinovella

 

esci e coltiva i campi
quando piove a tutta distesa
non misurare l’estensione dei campi
con vasta seminagione di cocomeri
in attesa del cremisi smagliante
della pioggia perlucente e già posata

 

e poi si odono feste di mercato
con gioia di genti
nel crollo dei prezzi di mercato
con una qualche distruzione delle genti
perlunga la strada che è lucente
che bello che è il linguaggio delle genti
con una qualche distruzione del linguaggio

 

oh ti odo, genti, nel lungo perlucire del linguaggio
con una qualche distruzione dell’autore

§

 

un altro tema

i cocomeri sopra i campi e altre storie di sepolture negate.

§

 

 

libro

ho preso una medaglia d’oro e l’ho messa
sul giro del sole
con inclinazione dell’intero giro dei pioppi
a favore di ammirare intero il giro del sole
con cielo e sono salito sulle cime degli edifici a portata verso il giro del sole
con messa la medaglia in quel giro, con presa del giro del sole
con ombra della medaglia su quel giro del sole

 

e la perduta docilità degli sfondi sotto il sole
come il camaleonte che si staglia contro il cielo si fa azzurrocielo
e allora il cielo eccolo blu
eccolo rosso che si dice tramonto
eccolo viola il cielo del colore
e la ritrovata docilità degli sfondi il cielo si fa d’oro
per il giro del sole della medaglia dell’oro messa sopra lungo il giro alto del sole
non la vedo più
sono salito sui molti edifici a portata di sole e non ho visto niente

 

ho immaginati storie di cani
in caccia uccisi dai cacciatori nella caccia
sotto il sole ho fuggito i lupi

 

i lupi non sanno ciò che si dice a loro riguardo a margine delle immagini di lupi sotto
il sole

 

la perduta docilità dei cani con un lieve spostamento verso i lupi
la perduta docilità dei lupi con un lieve spostamento verso i cani
ritrovata

 

i lupi non impressionano immagini sul tremolio dell’aria docile nel centro
della città ove lupi non vedi
non ve n’è

 

la perduta docilità dell’aria sotto le ali del piccione e cade
e la perduta docilità del suolo che lo spacca

 

ci sono immagini di cani all’ombra dell’oro
i lupi corrono le farfalle volano essi s’incontrano nell’oro
la giornata è una farfalla gigante non ha appoggi sul cielo fatto d’oro
contenuta dal giro del sole

§

 

 

un altro tema

ho salito i molti alberi e ho visto molte cose
nessuna delle quali una.

 

 

 

*
Il libro della natura e del continuo uscirà
a settembre 2024 per le edizioni déclic
(https://www.declicedizioni.it)


Due testi di Francesca Perinelli

In Esiste la ricerca1 Luglio 20243 Minuti

Mese: Luglio 2024

By MTM

Francesca Perinelli

Due inediti

 

santalucia

) un’interpretazione della domanda secondo te ha importanza, è assolutamente? sì. quale che sia la funzione o la fonte, addirittura esplicitata, dichiarata, l’eteronimia diventa una sorta di àncora. ti faccio un esempio. lui la chiama regolarmente, dicendo che la associa al fatto, quindi lei è una donna e, sia pure in maniera sinistra, c’è
una collana di piombi gettata a interrompere la notizia che in fondo al mare i pesci brucano gli occhi di persone non all’altezza della fine (la fine si pone come proposta di bassa lega tra le esplosioni e il funerale che prende tutto lo schermo della casa di riposo: gli anziani possono leggere la fine una sola sillaba alla volta ma non verrà servita né per pranzo, né per la soddisfazione dei rapporti. la fuga, di qua asfissiata nell’insalata di occhi di santa lucia, di qua uno scarabocchio impossibile, di qua neppure, però, è lì, dietro appena otto centimetri di foratino
chissà come fa a reggere tutta quella televisione

 

 

vi seppellirà

e se prima eravate in sei, eravate eccetera eccetera, poi dopo, adesso, così, mi sembra che. cantavate **** **** ma era un diversivo. percorsi idiosincratici associati allo spirito dimesso, come a dire: il nostro lavoro è questo, siamo a disposizione, eventualmente fateci sapere. ma nemmeno il panorama partiva da zero con quegli scarti di tradizione. un conto è recuperare un conto e un conto è poi, sono due cose che poi ognuno aveva un proprio punto di vista, o anche di meno. varie persone incrociandovi recitavano una frase sperimentale riesumando la dialettica barthesiana: c’è la scrittura, non c’è lo stile. cosa vuol dire, insomma? e se prima eravate come la lingua da parlare da qui in avanti, oggi siete delusi, non avete conservato un briciolo di affezione
adesso siete in cinque e cantate **** ****. è sicuro che non c’è un certo novecento in campo, non c’è spazio per il movimento embrionale sovrascritto, cristallizzato nelle vostre corde come materiale deperibile. non vi siete avvantaggiati del gruppo, non avete nemmeno un manifesto. la divergenza non è sfruttata appieno. bravo, grazie, e adesso siete in quattro
**** **** sono i padri putativi di una parentela becera, viene in mente una frase che circolava in quegli anni di deserto, ma ci sono ancora in giro troppe persone, troppe riviste, troppi siti, troppi discorsi critici presi per i capelli. non possiamo pronunciarla
tre, due uno. **** ****, di cosa stiamo parlando?